Per i millennial l’auto non è uno status symbol. E le società di noleggio a lungo termine fiutano l’affare
Trovare un lavoro, mettere da parte un bel gruzzolo e poi dritti al concessionario per comprare la nostra prima auto. Un percorso lineare e abbastanza diffuso per i giovani della generazione X, i nati tra il 1970 e il 1983. Molto meno per i millennial, gli under 35 di oggi, che se avessero la fortuna di possedere dei risparmi, probabilmente li manterrebbero sul conto, li userebbero per comprare casa o per una vacanza da sogno. Una differenza che in parte dipende da una diversa situazione finanziaria, visto che gli attuali trentenni trovano più difficilmente lavoro e hanno redditi più bassi rispetto ai loro genitori.
Tuttavia, la spiegazione è più ampia, perché riguarda anche mutati stili di vita, nuove abitudini, maggiore sensibilità sulle tematiche ambientali e forte propensione all’elettrico. Che li porta a considerare l’auto non più come uno status symbol, ma come un semplice mezzo per muoversi. Sostituibile in città dal trasporto pubblico locale, ma anche da nuove forme di mobilità, come il noleggio a lungo termine e carsharing, o dalle quelle più eco-friendly, come bici e monopattini.
Senza più il mito del posto fisso, iperconnessa e desiderosa di lanciarsi in nuove attività imprenditoriali, la classe del 1984 (e successive) è alla costante ricerca di una situazione economica soddisfacente e di un lavoro etico e sostenibile. Possedere un’auto, quindi, non è certo un chiodo fisso e neppure una priorità da raggiungere nel breve termine: anzi spesso è un acquisto che viene posticipato, visto che la percentuale di immatricolazioni di vetture ai giovani di 18-29 anni è scesa dal 15 per cento del 2008 all’8 per cento del 2017. Come mostra un’indagine realizzata dalla società di consulenza Bain & Company, che ha coinvolto 2700 persone tra Italia, Germania e Regno Unito, oltre il 50 per cento dei giovani millennial è disposto a utilizzare un veicolo condiviso, ma solo quando è più conveniente o con gli amici: una percentuale che tocca anche le punte del 66 per cento quando si parla di generazione Z, mentre scende al 42 per cento con la generazione X e al 32 per cento con i Baby Boomers.
E in questo contesto mutato rispetto al millennio precedente nascono nuove opportunità di business per i tradizionali operatori del comparto automotive ma anche per nuovi attori. In particolare, calano le immatricolazioni destinate ai privati perché si diffondono le alternative al modello classico della proprietà dell’auto, come il noleggio, il ride sharing o il car sharing. In effetti, se si guarda al mercato negli ultimi due decenni, il ciclo di vendite dei veicoli ha subito enormi mutamenti.
Come si legge nel rapporto “Osservatorio mobilità 2019: il mercato dell’auto tra evoluzione e rivoluzione” di Arval Mobility Observatory, i primi sette anni del nuovo secolo si sono caratterizzati per livelli record: le immatricolazioni sono oscillate tra i 2,25 e i 2,49 milioni, con l’apice nel 2007 (2,5 milioni). Il grande calo è cominciato nel periodo successivo, con il tonfo nel 2013 quando si sono registrate 1,3 milioni di unità. La curva è già risalita nel 2017 e da lì rimane stazionaria intorno ai 2 milioni di veicoli fino a oggi. I crolli in questi anni sono da imputare alla caduta del prodotto interno lordo, sottolineano gli autori della ricerca, ma la ripresa dei volumi di vendita è stata ostacolata anche da un ciclo economico poco brillante, dall’incertezza e sfiducia economica e sociale.
Più nel dettaglio, la quota di mercato delle vetture immatricolate destinati ai privati si è ridotta del 5,2 per cento in cinque anni, passando dal 62,3 per cento del 2014 al 57,1 per cento del 2018 (tabella in basso). Mentre sono cresciute le quote relative al noleggio e all’area business: la prima è passata dal 19,3 per cento (2014) al 22,7 per cento (2018); l’altra, invece, dal 18,4 per cento (2014) al 20,2 per cento (2018).
Sono diverse le ragioni che hanno causato questa riduzione della vendita ai privati ma, secondo il rapporto dell’Osservatorio, tra gli elementi che guidano i comportamenti d’acquisto dei consumatori c’è la volontà di individuare delle soluzioni che facilitino l’utilizzo del bene e riducano i costi di possesso. “Studiando il mercato ci siamo resi conto che per molti italiani la mobilità spesso rappresenta un problema, perché possedere un veicolo comporta una serie di costi e altre attività che l’utente malvolentieri sopporta. Abbiamo pensato di puntare sul noleggio ai privati quando ci siamo resi conto che questo servizio che offrivamo alle grandi aziende gradualmente veniva richiesto anche dalle piccole e medie imprese”, spiega a Business Insider Italia Dario Casiraghi, direttore generale sme solutions e new business development di Arval Italia.
La società di noleggio a lungo termine si è allargata all’emergente mercato dei consumatori privati aprendo uno store specializzato a Torino, che propone auto a una tariffa fissa mensile in un pacchetto all inclusive che ingloba tutti i servizi necessari per la gestione del veicolo. “Grazie anche alle pmi le immatricolazioni destinate al noleggio sono cresciute di circa 200 mila unità in cinque anni. E questo trend positivo sta emergendo anche nel segmento dei privati”
Come evidenzia una ricerca di Aniasa, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, oggi sono circa 40 mila gli italiani che all’acquisto hanno preferito il noleggio a lungo termine con un costo fisso e predeterminato. E a fine 2019 dovrebbero raggiungere quota 50.000. Certo si tratta di una cifra ancora piccola ma in forte crescita e con un enorme potenziale secondo Dario Casiraghi. Soprattutto se si guarda ai millennial.
“Abbiamo fatto analisi di mercato per individuare tutte le caratteristiche che i clienti più giovani cercano in un’auto, soprattutto per capire cosa li avrebbe avvicinati a forme di mobilità diverse dalla proprietà. Così abbiamo sviluppato dei prodotti e delle offerte ad hoc per questa clientela”, spiega Casiraghi. Che puntualizza: “Non è solo una questione di soldi per cui, in un contesto di precarietà economica, il consumatore (o la sua famiglia) ci pensa più di una volta prima di fare un investimento per comprare una macchina da 10, 15 o 20 mila euro. È anche una questione culturale, perché più che possedere l’auto, interessa utilizzarla, magari con un pacchetto di servizi già incluso – dall’assicurazione alla manutenzione fino all’assistenza – che elimini tutte le problematiche connesse alla proprietà”.
Fonte: Business Insider