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Addio Android Auto, è in arrivo Android Automotive

di Maria Francesca Moro

Pur continuando a evolvere e implementare Android Auto, Google sta lavorando a un progetto molto più grosso: si tratta di Android Automotive, vero e proprio sistema operativo per gestire infotainment e vettura.

A poche settimane dal lancio di Android 11, Google ha in serbo una nuova sorpresa, dedicata al settore automotive e in arrivo entro la fine dell’anno. Si tratta di Android Automotive, erede più evoluto del già diffusissimo sistema operativo Android Auto.

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Il nome è quasi identico, così come l’obiettivo di offrire al guidatore un’interfaccia efficiente ma lungi da distrazioni. La tecnologia, però, è tutta diversa e decisamente più evoluta. Android Automotive sarà in grado di interagire in modo più completo con il veicolo, offrendo numerose funzioni in più rispetto Android Auto.

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Cosa fa Android Auto

La piattaforma originale è nata nel 2015 ed è ormai disponibile su oltre 400 modelli di auto. La sua funzione principale è quello di far comunicare la vettura con lo smartphone Android. Il software permette al guidatore di visualizzare e utilizzare le proprie applicazioni Android mobile sullo schermo del veicolo. Ad esempio, Android Auto permette di leggere e rispondere a messaggi WhatsApp o ascoltare la musica su Spotify. Affinché il sistema funzioni, è necessario collegarlo alla connessione dello smartphone.

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Cosa farà Android Automotive

Mentre Android Auto è un software da aggiungere al sistema di infotainment già presente sul veicolo, Android Automotive è un vero e proprio sistema operativo, che si sostituisce a quello dell’auto. Nello specifico, integra e governa tutti i dispositivi elettronici di cui la vettura è fornita. Infatti, non avrà bisogno di uno smartphone per funzionare.

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Android Automotive sarà in grado di fare tutto ciò che già fa Android Auto, ma non solo. Il nuovo programma sarà in grado di gestire le funzionalità del mezzo, ad esempio, impostando climatizzazione e riscaldamento. Tra le funzioni più interessanti, la possibilità di impostare profili completi dei guidatori, così che l’altezza dei sedili, il volume della musica e la posizione degli specchietti si adatti automaticamente al driver di turno.


Fonte: FleetMagazine

Noleggio auto elettrica: l’e-car sharing si fa spazio in Italia

Sono sempre di più i Comuni che danno spazio al noleggio dell’auto elettrica, sotto forma di car sharing. Il trend è mondiale e in Italia cresce il gradimento

A cura di: Andrea Ballocchi

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Indice degli argomenti:

Il noleggio dell’auto elettrica si fa sempre più strada. Secondo Technavio il mercato specifico raggiungerà i 7,14 miliardi di dollari nel periodo 2020-2024, progredendo a un CAGR dell’11% nel periodo analizzato.

L’Osservatorio Smart & Connected Car della School of Management del Politecnico di Milano conferma che l’idea del noleggio elettrico si fa strada in Italia. Già oggi il 39% degli italiani ha usato almeno una volta un servizio di car sharing o car pooling.

Inoltre più di un comune su tre con popolazione oltre i 25mila abitanti ha avviato almeno un progetto (36%) nel triennio 2017-2019, e questi si aggiungono al 39% che lo aveva già attivato prima del 2017. Le applicazioni più diffuse sono legate alla mobilità elettrica (21%). La smart mobility, di cui i veicoli elettrici sono parte integrante, coinvolgono in primis i Comuni, ma anche le municipalizzate (24%)
oltre a università e centri di ricerca (15%).

Le amministrazioni pubbliche, quindi, hanno un ruolo basilare nel promuovere il noleggio a breve termine o condiviso delle auto elettriche. Ecco le strategie di alcuni Comuni d’Italia.

Car sharing: cos’è e quali sono le iniziative a livello regionale

Il car sharing è una forma di noleggio (letteralmente significa “auto condivisa) che permette di usufruire di un veicolo su prenotazione noleggiandolo per breve tempo, pagando per l’uso effettivo.

Esiste il car sharing a flusso libero o station based. Nel primo caso, l’auto prelevata può essere riconsegnata in qualsiasi punto dell’area prevista dal servizio; nel secondo, l’utente preleva e riconsegna l’auto in aree definite. Di regola si può usufruire dei servizi di car sharing, scaricando un’app e registrandosi: è necessario disporre di carta di credito, per il pagamento. Una volta effettuata l’iscrizione si ricerca la vettura più vicina con lo smartphone e la si prenota.

Un esempio station based è E-Vai, il primo car-sharing elettrico regionale, integrato con il sistema ferroviario lombardo. È promosso da Regione Lombardia, Gruppo Fnm e Ferrovie nord. Molti Comuni lo hanno adottato, anche i piccoli: è il caso, per esempio, di Maccagno con Pino e Veddasca (Varese) poco più di 2 600 abitanti, prima amministrazione locale ad averlo attivato, nel 2018.

Un esempio di car sharing elettrico a flusso libero, invece, è Corrente. È attivo a Bologna, Ferrara e Casalecchio di Reno e dispone di un parco auto di 240 Renault Zoe. Il servizio è gestito dal consorzio Omnibus, diretto da Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna (società di trasporti pubblici i cui principali soci sono Regione Emilia Romagna e Comune di Bologna), con la partecipazione di Saca e Cosepuri. Sospeso nel periodo del lockdown causa Covid-19, è ripartito lo scorso maggio.

Car sharing elettrico: cosa succede in città

Nelle metropoli come Milano e Torino il car sharing è offerto da diverse società, che si differenziano per modalità del servizio e tariffe applicate, in ogni caso c’è l’opzione elettrica.

Una proposta 100% elettrica è quella di Sharengo, attiva a Roma, Milano, Firenze e Modena.
Firenze ha da poco pubblicato il bando per la sharing mobility: è un avviso pubblico per la manifestazione di interesse per individuare soggetti interessati a svolgere il servizio di car sharing, ma anche di scooter elettrico e monopattino elettrico sharing sul territorio comunale fiorentino.
Lo stesso accade a Latina con la ricerca di operatori interessati.

Anche nel Sud Italia la formula si sta affermando in città: a Palermo e a Catania è attivo amiGO servizio di car sharing sul territorio siciliano, Promosso e gestito dall’AMAT Palermo, che propone anche noleggio elettrico; a Napoli invece è appena partito Amicar, car sharing con auto elettriche, promosso da Gesco, un gruppo di imprese sociali attivo in città dal 1991. Da segnalare anche 4USMobile, servizio pugliese di car sharing elettrico a flusso libero che intende coprire tutto il basso Salento.

Noleggio auto elettrica: le mosse delle Case automobilistiche

Nel mondo dell’automotive comincia a farsi strada l’idea del noleggio dell’auto elettrica, senza l’acquisto. È l’idea che ha avuto, per esempio, Citroën con la minicar elettrica Ami One. In pratica ha lanciato in Francia la formula che prevede il solo affitto, con la formula del noleggio a lungo termine a 19,99 euro al mese, per 48 mesi e con un anticipo di 2.644 euro. Anche in Italia è previsto il suo arrivo con una formula e costi simili.

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La rivale Kia sta pensando seriamente a lanciare una proposta simile alla citycar elettrica Citroën. La Renault, che sull’elettrico è una pioniera, per la propria Zoe propone l’acquisto con la formula che prevede anche l’opzione della batteria a noleggio.


CES 2020, nasce la città Toyota a misura di alta tecnologia

di Fabiano Polimeni

Dal CES di Las Vegas Toyota annuncia il progetto Woven City: 2.000 abitanti, una città costruita al posto di un impianto produttivo. Sarà un laboratorio vivente di alta tecnologia, sulla mobilità e non solo

L’ambiente ideale, la “città dei sogni” nella quale sviluppare tutto il potenziale della tecnologia, in ambito mobilità e non solo, nella realtà non esiste.

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TOYOTA WOVEN CITY AL CES DI LAS VEGAS

Così, perché non costruirne una a misura di futuro? Toyota presenta al CES 2020 il progetto Woven City, la città intrecciata, che mette in connessione la robotica e la guida autonoma, la produzione pulita di energia e spazi a misura d’uomo, l’intelligenza artificiale diffusa e ricerca accademica. 

Nascerà a Higashi-Fuji, là dove Toyota ha dismesso un impianto produttivo. Su 800 mila metri quadrati – grossomodo una superficie quasi doppia rispetto alla Città del Vaticano – verrà costruita una “città” destinata a essere popolata inizialmente da 2.000 abitanti.

L’inaugurazione è fissata a inizio 2021, quando lo studio condotto da Toyota con la collaborazione dello Studio di architettura del danese Bjarke Ingels, inizierà a prendere vita.

MOBILITÀ ELETTRICA E AUTONOMA

La visione legata alla mobilità prevede la circolazione solo di veicoli elettrici e autonomi, gli e-Palette di Toyota rappresenteranno la flotta per il trasporto condiviso e la consegna a domicilio di beni. Droni, micro-mobilità personale, il meglio della tecnologia troverà il proprio habitat.

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La mobilità come servizio potrà esprimersi nel potenziale più alto, immaginare di portare davvero su strada i sistemi on-demand con i veicoli a muoversi autonomamente e senza guidatore.

Approfondisci: Elettrici e autonomi, tutti i volti di e-Palette

CASE GREEN ED ENERGIA PER I FCEV

Se le barriere normative sono ancora insormontabili perché l’automazione completa diventi realtà su strada, la costruzione della Città intrecciata realizza un micro-cosmo ad altissimo tasso tecnologico.

È nella mobilità come nell’adozione in ogni casa – realizzate prevalentemente in legno, a basso impatto ambientale – di robot per un miglioramento delle operazioni nella quotidianità.

Leggi anche: Come funziona la tecnologia dell’elettrico a fuel cell

L’intelligenza artificiale si prenderà cura delle condizioni di salute degli abitanti, all’interno delle abitazioni, le case diverranno un tassello integrato con la mobilità, produrranno energia pulita dai pannelli fotovoltaici, energia destinata anche a produrre idrogeno per le auto fuel cell.

CITTADINI TIPO E STRADE

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Chi abiterà la Woven City di Toyota? Del nucleo di 2.000 abitanti faranno parte dipendenti del gruppo Toyota, venditori, pensionati, dipendenti di partner industriali, ricercatori, scienziati. Sarà una “polis aperta”, che offrirà l’ecosistema ideale per i ricercatori, promette Toyota.

Attenzione all’ambiente, sviluppo sul campo delle tecnologie, ricerca, collaborazione industriale, miglioramento delle condizioni di salute, sono alcuni degli obiettivi di quello che può definirsi come un laboratorio vivente.

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Ancora sul tema della mobilità, la visione urbanistica della Woven City progettata dallo Studio Ingels prevede tre tipologie di strade: l’arteria per i veicoli che si muovono a velocità più elevate; la strada condivisa tra veicoli a bassa andatura, pedoni e dispositivi di mobilità personale; le zone pedonali, passeggiate tra i parchi e le aree verdi disseminate nel piano urbano sugli 800 mila metri quadri. Tre tipologie di arterie che saranno intrecciate nel loro sviluppo.

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Fonte: FleetMagazine

La Cyber security in officina: come fare manutenzione garantendo la sicurezza

di Marina Marzulli

La sicurezza informatica dell’auto connessa è basilare. Come garantire sistemi inespugnabili agli hacker ma accessibili agli operatori dell’after market?

La cyber security – o sicurezza informatica – è il tema caldo del momento, che tocca anche l’automotive.  Dentro l’auto connessa ci sono i big data, la miniera d’oro su cui molti cercano di mettere le mani.

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Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, è stato molto diretto nel suo discorso annuale sullo stato dell’Ue: “Gli attacchi informatici possono essere più pericolosi per la stabilità delle democrazie e delle economie rispetto alle pistole e ai carri armati”.

I RISCHI DELLA CONNECTED CAR

Per cyber security si intende l’insieme di attività, regole e tecnologie messe in atto per contrastare le intrusioni nei sistemi informatici. Nel termine italiano “sicurezza” è compreso sia il concetto di security (per la protezione dalle violazione) sia quello di safety (incolumità dei passeggeri).

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Spiega Massimo Zenobi, Direttore ricerca e sviluppo della Divisione Telemobility di Texa: “La connected car è soggetta alle stesse preoccupazioni dei computer. Dentro un’auto ultimo modello ci sono 100 milioni di righe di codice, una complessità simile a quella di un aereo. Più il sistema è complesso più è vulnerabile, come una casa con tante finestre è più esposta ai ladri”.

Le best practice per la sicurezza

L’aumentata consapevolezza delle Case automobilistiche per quanto riguarda la cyber security  ha generato nuove best practice. Servono a garantire una costruzione del software che sia stratificata, suddivisa in moduli che non comunicano fra loro. Prosegue Zenobi: “Come ultima tappa di questa catena c’è l’addestramento degli operatori. Noi siamo fornitori di grosse Case auto e una nostra debolezza automaticamente diventa una debolezza del car maker. C’è in atto un processo importante di aumento della consapevolezza a tutti i livelli, l’abitudine alla sicurezza diventa automatica e serve a prevenire anche le intrusioni non intenzionali”.

Non sempre, infatti, a intrudere i sistemi sono hacker esterni dotati di cattive intenzioni (estrarre dati sensibili, furto di identità, danno alla reputazione di un’azienda), molti degli attacchi accadono all’interno delle stesse organizzazioni, per negligenza.  Per combattere gli hacker la parola chiave è criptatura: l’unico antidoto per sconfiggere le intrusioni. Come spiega l’esperto: “Se parliamo di una connessione sicura parliamo di una connessione criptata, che impedisce di leggere o scrivere su quel canale per tutta la durata della connessione”.

SICUREZZA E LIBERA CONCORRENZA

Il tema della sicurezza informatica si intreccia anche con quello della libera concorrenza, e le regole sono ancora in via di definizione. La Commissione europea ha avviato la revisione del Regolamento generale sulla sicurezza dei veicoli . Unece (la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite) vorrebbe arrivare entro fine 2019 a un quadro organico di regolamento europeo relativo all’omologazione di “sistemi di sicurezza informatica” autonomamente realizzati dai Costruttori sui propri veicoli.

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Essendo il car maker responsabile della sicurezza dei propri veicoli, gli stessi car maker potrebbero avere la libertà di progettare il proprio sistema di cyber security, senza la preliminare definizione di requisiti minimi, come finora fatto in generale per i veicoli a motore.  Questo potrebbe dare problemi in fase di manutenzione e autoriparazione, come fa notare Afcar (Alliance for the Freedom of Car Repair in Europe), l’alleanza europea per la libertà nell’autoriparazione.

Accessi “esterni” al sistema informatico dell’auto sono e saranno sempre necessari soprattutto in sede di manutenzione dell’auto, per la diagnostica ad esempio. La preoccupazione è che la cyber security possa permettere di erigere barriere il cui accesso potrà essere discrezionale, con possibile esclusione di molti autoriparatori indipendenti.

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Fonte: FleetMagazine

A THAT’S MOBILITY luci e ombre dell’auto elettrica in Italia

di Marco Castelli

L'auto elettrica interessa agli italiani, ma ci sono ancora molte ombre agli occhi dei privati e delle flotte aziendali. Se ne è parlato diffusamente a THAT’S MOBILITY 2019, l’evento organizzato da Reed Exhibitions Italia in partnership con l’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano e andato in scena nei giorni scorsi al MICO di Milano.

L’auto elettrica è stata protagonista il 25 e il 26 settembre a THAT’S MOBILITY 2019, l’evento organizzato da Reed Exhibitions Italia in partnership con l’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano e andato in scena al MICO di Milano. La due giorni ha richiamato una folta platea di addetti ai lavori e visitatori, che hanno animato l’area espositiva e i workshop che hanno caratterizzato la manifestazione.

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Luci e ombre degli EV caratterizzano sia la visione del pubblico sia quella delle flotte aziendali. Un fatto, però, è certo: l’auto elettrica cresce, interessa e sarà certamente una protagonista del futuro della mobilità nel nostro Paese.

Approfondisci: i protagonisti e il programma dell’evento milanese

I NUMERI DELL’AUTO ELETTRICA

Per la prima volta in Italia, ad aprile, è stata superata la soglia delle 1.000 auto elettriche immatricolate in un mese, risultato che si è ripetuto in maggio e in giugno. In generale le auto elettriche vendute da gennaio a luglio sono state 6.000, con una crescita del 113% sullo stesso periodo del 2018.

Nell’intero 2018 sono state poco più di 5.000 le auto elettriche immatricolate (record già superato in 7 mesi), pari ad appena lo 0,5% del totale, mentre il parco elettrico circolante ammonta a 22.000 unità. Questi numeri emergono dalla terza edizione dello Smart Mobility Report, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano e presentato durante la giornata inaugurale di THAT’S MOBILITY. Un mondo certamente in crescita.

LE COLONNINE

Un nodo molto importante è quello della ricarica dell’auto elettrica. Nel mondo a fine 2018 c’erano 540.000 punti di ricarica pubblici (+25% sul 2017), di cui 140.000 fast charge. A dominare la scena è la Cina. L’Europa aveva 160.000 punti di ricarica pubblici (+14%), di cui il 15% fast charge. Nei primi 7 mesi del 2019 le nuove installazioni sono state 15.000.

Ad oggi, in Italia sono presenti quasi 8.200 punti di ricarica tra pubblici (3.500, +23% sul 2017) e privati ad accesso pubblico, il 20% circa di tipo fast charge, in linea con la media europea e in crescita del 52%. La Lombardia è l’unica regione con oltre 1.000 punti di ricarica, seguita da Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Sicilia (oltre 500).

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COSA FRENA GLI ITALIANI?

Per tastare il polso degli utilizzatori di auto elettriche in Italia, o aspiranti tali, il Politecnico di Milano ha promosso una survey: duecento le risposte ottenute, un numero non rilevante statisticamente ma in grado di fornire delle tendenze interessanti. La principale barriera all’acquisto è risultata essere quella economica (72% dei rispondenti), meno rilevanti l’inadeguatezza della rete di ricarica (39%, decisamente in calo rispetto al 2017) e l’autonomia limitata (28%).

“Se invece di analizzare il costo d’acquisto, si guardasse all’intero costo di utilizzo del veicolo, ci si accorgerebbe che i costi dell’auto elettrica sono inferiori rispetto a quella tradizionale” precisa Simone Franzò, assistant professor alla School of Management del Politecnico e responsabile scientifico dell’Osservatorio sulla Smart Mobility.

Chi invece già possiede un’auto elettrica ha risposto a domande sul suo utilizzo: quasi tutti la usano per tragitti brevi (non oltre i 100 km), un po’ più del 40% per viaggi più lunghi (il 32,5% con cadenza settimanale e il 10% quotidiana). Oltre i 2/3 del campione ha la possibilità di ricaricare il veicolo a casa, mentre il restante 30% si divide tra chi può farlo al lavoro (29%) e chi deve affidarsi alla ricarica pubblica (10%).

RICARICA, NODO DECISIVO

Quello della ricarica si conferma un punto decisivo: anche un sondaggio effettuato e presentato a THAT’S MOBILITY da Nuova Energia (il bimestrale di Editrice Alkes che da anni si occupa delle problematiche energetiche) che ha coinvolto oltre 1.000 soggetti sopra i 18 anni, testimonia che gli italiani subiscono il fascino della mobilità elettrica, ma considerano ancora le colonnine di ricarica con una certa diffidenza.

 Per il 61% la “difficoltà di fare rifornimento” è il principale limite dell’auto elettrica. Gli uomini (63%) sono più preoccupati delle donne (57%) e i giovani (67%) più degli over 55 (46%). Quasi sei italiani su dieci temono di “rimanere senza un punto di ricarica”, mentre il 26% vorrebbe “l’equivalente di un benzinaio o una alternativa al self service”.

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E LE FLOTTE?

Anche nelle flotte aziendali, la situazione è caratterizzata da luci e ombre. Nel corso del workshop finale di THAT’S MOBILITY, abbiamo infatti presentato i risultati della nostra survey Mobilità alla Spina 2019, confrontandoli proprio con quelli del sondaggio di Nuova Energia.

Anche per le flotte aziendali i principali ostacoli alla diffusione della e-Mobility nelle aziende sono le infrastrutture di ricarica e l’autonomia dell’auto elettrica (la percezione di quest’ultimo aspetto, però, sta migliorando), ma è emersa anche la necessità “di fare cultura”, perché i driver sono restii a cambiare le proprie abitudini e hanno ancora, secondo i Fleet Manager, una scarsa conoscenza degli EV.

Di contro, i vantaggi dell’auto elettrica, agli occhi delle aziende, sono il risparmio nelle emissioni, la libera circolazione nei centri cittadini e la responsabilità sociale di impresa.

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Fonte: FleetMagazine