Car sharing: che cosa cambia nella Fase 2 del coronavirus

Sharengo (car sharing elettrico) ha lanciato un nuovo servizio per noleggiare l’auto da un mese a un anno. Un segnale che il settore sta cercando di trasformarsi per sopravvivere alle conseguenze del coronavirus. Una vettura condivisa, infatti, pone problemi di contagio. E se la sanificazione fosse la chiave per la Fase 2?

di Luciana Maci

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Un primo segnale l’ha dato giorni fa Sharengo: la società, nata per consentire la condivisione di auto elettriche in città, ha prontamente elaborato una nuova proposta per adattarsi alla disruption portata nel settore dalla pandemia da coronavirus e ha lanciato MySharengo, che permette il noleggio a lungo termine delle vetture.  A differenza del car sharing, in base al quale si prende l’auto e la si lascia dopo la corsa, con MySharengo è possibile noleggiare un’autovettura per un periodo di tempo che va da un mese a un anno. La macchina sarà consegnata sanificata e corredata di un kit, che include la Sharengo Card, con la quale aprire e chiudere il veicolo, cavo di ricarica, manuale d’uso e manutenzione della vettura, gel disinfettante, giubbotto catarifrangente e triangolo di emergenza.

Il pagamento della corsa non sarà più, ovviamente, al minuto, ma attraverso un canone di abbonamento scelto in base alle proprie esigenze e nel quale sono inclusi assicurazione e manutenzione.

In pratica il car sharing, costretto dalle circostanze,  prova a sconfinare nel campo del noleggio a lungo termine.

È la strada del futuro?

Per il momento i dati sullo stato di salute del car sharing in Italia e nel mondo non sembrano di facile reperimento, anche perché è molto difficile fare previsioni a lungo termine. Tuttavia ecco dati e spunti di riflessione, più in generale, sul settore dell’automotive e del ride sharing, ovvero la condivisione delle corse a bordo di una vettura.

Indice degli argomenti

Ride sharing fermo

Il 17 marzo Uber e Lyft, le società americane che hanno fatto della condivisione di corse in auto parte del loro business, hanno annunciato la sospensione dei servizi a causa delle misure di distanziamento sociale e di isolamento dovute al Covid-19. Nel rapporto “Impact of COVID-19 on the Global Ride Sharing Market” di ResearchAndMarkets.com si sottolinea come il settore del ride sharing sia segmentato in base al tipo di veicolo:  berline e hatchback (con il portellone posteriore), veicoli di servizio, autobus e pullman. L’epidemia di COVID-19 ha colpito inizialmente soprattutto le berline, in quanto sono i veicoli più utilizzati per il car sharing e per servizi di car hailing. Le aziende di ride-sharing hanno escogitato diversi modelli di offerte per soddisfare le esigenze di vari gruppi di utenti, rivolgendosi separatamente ad utenti di fascia alta, mid-market e a quelli con budget minori. Ad esempio, Uber, una delle più grandi piattaforme di ride-sharing a livello globale, ha offerto servizi premium tramite Uber Black, Black SUV e Uber Select. Ma a marzo ha dovuto chiudere tutto.

La società di consulenza manageriale Zinnov rileva che, con l’avvento del coronavirus, Uber e Lyft hanno perso il 60% del loro valore/valutazione di mercato, perché i consumatori stanno rinunciando sempre di più alla sharing economy. I blocchi forzati e le norme di distanziamento sociale hanno ulteriormente intensificato questo problema. Tutti questi fattori stanno causando preoccupazioni riguardo a fatturato e redditività future.

Crollo dell’autonoleggio

Aniasa, l’associazione che nell’ambito di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, lancia l’allarme sui dati sulle immatricolazioni relativi a marzo 2020, che hanno evidenziato il quasi totale azzeramento delle vetture nuove a noleggio (-88%, dalle 57.000 di marzo 2019 alle 7.000 dello scorso mese). Con le forti limitazioni alla circolazione, rimarca Aniasa, si sono pesantemente ridotte le attività di noleggio a breve termine e car sharing, e al contempo si sono bloccate le nuove immatricolazioni per le flotte del lungo termine.

Coronavirus e criticità del car sharing: la questione igienica

Per un virus che si diffonde anche attraverso le superfici, rilevano gli analisti di Strategy Analytics, gli schermi tattili dei navigatori delle auto a noleggio – e del car sharing – sono potenziali veicoli di trasmissione del virus. “I touchscreen pubblici – ipotizzano – in contesti come i veicoli condivisi, le auto a noleggio, i chioschi self-service, eccetera, potrebbero diventare meno desiderabili, poiché visti dai consumatori come un rischio per la salute”. Oltre alla questione “schermi”, esiste, più in generale, la questione “abitacolo”: entrare in un’autovettura appena usata da qualcun altro pone ovviamente problemi legati al timore della trasmissione del coronavirus.

Le opportunità per le società di noleggio e lungo termine

Tuttavia, nel medio termine, e in vista anche della Fase 2, c’è chi intravede nuove possibilità.

Le società di leasing, scrive Sarwant Singh, Managing Partner, Frost & Sullivan, possono sfruttare il cambiamento in atto dei servizi di mobilità condivisa come car sharing, ridesharing e ridehailing. Possono cioè conquistare i clienti della sharing mobility offrendo contratti di locazione a breve termine di circa 3 o 6 mesi. A differenza di dieci anni fa, l’assistenza, la manutenzione e la riparazione dei veicoli a noleggio sono migliorate – scrive Singh – e il servizio è diventato più sofisticato. Ciò rafforza ulteriormente il potenziale del leasing di auto usate come flusso alternativo per generare entrate.

Car sharing e coronavirus: come cogliere l’”opportunità”?

Parola chiave: sanificazione

Aniasa ha fatto sapere che, in seguito ai decreti del presidente del Consiglio, le società di autonoleggio (car sharing incluso) attive in Italia hanno “rafforzato ulteriormente le procedure che garantiscono l’igienizzazione dell’abitacolo tra un noleggio e l’altro”. In generale, un po’ ovunque e non solo nell’ambito dei trasporti, è presumibile che una maggiore attenzione all’igiene e alla sanificazione delle superfici debba diventare la norma anche nella Fase 2 della pandemia.

E se il car sharing diventato noleggio a lungo termine fosse la soluzione anti-traffico?

Con il ritorno alla normalità, si presume che l’auto possa essere utilizzata relativamente più di prima, considerando la probabile diffidenza iniziale delle persone ad utilizzare i mezzi pubblici, potenziali veicoli di contagio. Molti ipotizzano un ritorno in massa all’auto di proprietà, concetto che fino a poco tempo fa sembrava tramontato in favore del paradigma mobility as a service. Ma cosa ne sarà di chi utilizzava il car sharing per muoversi più velocemente e facilmente in città? Vi rinuncerà del tutto? E se la possibilità di sanificare perfettamente l’abitacolo dell’auto ad ogni utilizzo potesse convincere gli utenti a tornare al car sharing nonostante il coronavirus? Si può fare? È economicamente vantaggioso?

Per il momento le domande restano aperte. Sono invece delineate a sufficienza le modalità di pulizia e sanificazione dell’auto ai tempi del coronavirus. Le parti esterne e interne con cui si entra più frequentemente in contatto devono essere pulite e disinfettate con particolare costanza e attenzione. Elementi come maniglie, volante, pomelli, pulsanti radio/aria condizionata, chiave di avviamento, leve sul piantone dello sterzo e display dei moduli di infotainment sono da detergere con cura, tramite un panno umido o, meglio ancora, con una sostanza disinfettante versata su carta assorbente. Prima di iniziare le operazioni di sanificazione del veicolo, si raccomanda di indossare una mascherina e guanti monouso, da infilare dopo aver igienizzato le mani.

La sanificazione potrebbe dunque contribuire a risollevare il car sharing in tempi di coronavirus? Lo verificheremo solo nei prossimi mesi.


Fonte: EconomyUp

La seconda vita delle batterie elettriche Honda

di Maria Francesca Moro

Honda Motor Europe amplia la propria collaborazione con SNAM. L’obiettivo è rigenerare le batterie giunte a fine vita dei modelli ibridi ed elettrici. Al via anche una piattaforma web dedicata alle concessionarie Honda interessate al servizio.

La crescente domanda di auto ibride ed elettriche è accompagnata da una altrettanto crescente necessità di gestire le batterie nel modo più rispettoso possibile dell’ambiente” ha affermato Tom Gardner, Senior Vice President di Honda Motor Europe.

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Ecco perché la Casa ha scelto di ampliare la sua partnership con SNAM (Société d’Affinage des Métaux) per rigenerare o allungare la vita alle batterie in uso sui modelli elettrificati giunti a fine ciclo. SNAM raccoglierà le batterie esauste e le preparerà a una seconda vita o, se inadatte, ne recupererà i preziosi componenti al loro interno.

Approfondisci: Batterie dell’auto elettrica: il riciclo è fondamentale

IL PROCESSO DI RIGENERAZIONE

Il sistema di rigenerazione SNAM comincia con una valutazione dei pacchi batterie, per distinguere quelli utilizzabili per lo sviluppo di nuovi dispositivi di accumulo dell’energia. Dopo la cernita, le batterie considerate idonee vengono riconvertite e rese disponibili per immagazzinamento di energia ad uso domestico e industriale.

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Dalle altre batterie, quelle danneggiate, è possibile invece, attraverso tecniche basate su processi chimici in fase acquosa, estrarre materie preziose quali litio e cobalto. Una volta estratte, queste materie possono essere riutilizzate per produrre nuove batterie o pigmenti e additivi utili per la malta. Allo stesso modo vengono riciclati altri materiali tra cui rame, metallo e plastica, poi commercializzati.

IL PORTALE DEDICATO AI CONCESSIONARI

Per permettere ai concessionari di richiedere il servizio di raccolta di batterie usate, Honda ha lanciato un portale web dedicato. I concessionari possono così organizzare e richiedere la raccolta di batterie a fine vita direttamente on-line. La raccolta, presso appositi centri di stoccaggio, avviene ogni 15 giorni per evitare l’accumulo di batterie usate. Il sistema di trasporto scelto è sicuro e a basse emissioni di carbonio.

Leggi anche: Come riutilizzare le batterie dell’auto elettrica

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SIFÀ CON FONDAZIONE VERONESI PER SOSTENERE LA RICERCA SCIENTIFICA

La Società di noleggio a lungo termine sostiene la ricercatrice Lavinia Casati ed è pronta a lanciare un percorso di informazione e prevenzione ad hoc per tutelare la salute dei dipendenti


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SIFÀ, Società Italiana Flotte Aziendali (www.sifa.it), è una realtà italiana del Gruppo BPER Banca che offre soluzioni innovative e personalizzate di noleggio a lungo termine e di gestione delle flotta aziendale. L’azienda, da sempre sensibile ai temi della sostenibilità ambientale e sociale e alle loro implicazioni nel settore della mobilità, come avvalorato dal lancio del progetto "Circular mobility", ha deciso di essere al fianco di Fondazione Umberto Veronesi.


A partire da quest'anno, l'impegno si sta concretizzando attraverso il sostegno alla borsa di ricerca della ricercatrice Lavinia Casati, impegnata in un progetto che punta a valutare l'impatto delle microplastiche sull’accrescimento e sulle malattie delle ossa legate all’invecchiamento (come l'osteoporosi). Ma la partnership con Fondazione Umberto Veronesi non si limita soltanto al finanziamento della borsa di ricerca. 


SIFÀ sta progettando diverse iniziative in favore dei propri collaboratori, come l’organizzazione di percorsi formativi e di prevenzione ad hoc rivolti ai dipendenti. Da qui nasce l’idea del «Roadshow della salute per SIFÀ», a cui prenderanno parte divulgatori scientifici di Fondazione Umberto Veronesi, per affrontare temi legati alla prevenzione al maschile e al femminile. Un'iniziativa che conferma ulteriormente la volontà dell'azienda di investire sul benessere e la salute dei suoi dipendenti.


Come cambia il lavoro di una casa auto? Ne parliamo con Maurizio Zaccaria | Fleet Talks ep.2

di Luca Zucconi

Come cambia il lavoro di una casa auto dopo il Coronavirus? Ne parliamo con Maurizio Zaccaria, manager di Smart Italia, nella seconda puntata di Fleet Talks

Maurizio ZaccariaSmart and Innovative sales senior manager presso Mercedes-Benz Italia , è il protagonista della seconda puntata di Fleet Talks.

L’intervista è stata realizzata in data 10 Aprile 2020 a pochi giorni dalla data ufficiale della fine del primo lock down nazionale, data che è stata poi prorogata fino al 3 Maggio 2020 con una parziale riapertura di alcune aziende al di fuori della Lombardia e Piemonte secondo le specifiche dell’ultimo DPCM.

FLEET TALKS ep.2 – COME CAMBIA IL LAVORO DI UNA CASA AUTO

Maurizio ci confida come il canale continua ad essere attivo, naturalmente mantenendo e rispettando le dovute distanze, anzi rilancia sottolineando come il periodo nefasto stia in qualche modo attaccando l’immobilismo consolidato dell’automotive amplificando il trade-off tra il canale online e quello offline. Un canale online sempre più strategico anche per la vendita.

La prima ricerca sul tema mobilità post Covid-19 arriva dalla Ipsos Group che ha analizzato le preferenze dei cinesi prima e dopo il blocco degli spostamenti e conferma che la paura del contagio cambierà tutto, spingendo gli utenti su mezzi privati, allontanandoli in modo violento dal trasporto pubblico dove ovviamente ci si ritrova a contatto con estranei.

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Secondo la ricerca Ipsos, l’uso dell’auto privata in Cina passa dal 34 al 66 per cento: un vero e proprio ribaltamento di fronte. Allo stesso tempo l’uso degli autobus crolla dal 56 al 24%, mentre i taxi scendono un po’ meno, dal 21 al 15%.

Il trend evolutivo del concetto di mobilità, mobilità intesa come risposta alle esigenze delle persone e aziendecommenta Maurizio “è in divenire e questa situazione non fa altro che amplificare un certo tipo di atteggiamento verso un orientamente di utilizzo esclusivo della vettura, sia sotto forma di proprietà che di utilizzo con il noleggio. Parimenti anche la modalità di acquisto riceverà un’ulteriore amplificazione”.

Le richieste e le esigenze di domani andranno sempre più verso una convergenza di soluzioni di mobilità più ecosostenibli, aggiunge Maurizio Zaccaria, che siano elettriche o plug-in, ma anche a soluzioni di servizi che vanno in quella direzione. In poche parole creare un ecosistema che metta assieme le esigenze dei clienti (privati ed aziende) con delle risposte che vadano nella direzione della sicurezza e della ecosostenibilità dell’uso delle vetture potrà essere l’atteggiamento giusto verso le nuove esigenze dei clienti.


Coronavirus, auto: la crisi potrebbe perdurare per almeno 3 anni

La forte crisi, che sta investendo il settore automotive e tutta la sua filiera, potrebbe riversare pesanti conseguenze non solo sulle Case costruttrici e aziende del settore ma anche sulle concessionarie per almeno tre anni dalla “fine” dell’epidemia.

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Ad aver risentito della forte crisi economico sanitaria, scatenata dal Coronavirus, e delle necessarie misure restrittive imposte dal governo, interventi che hanno portato al distanziamento sociale e alla chiusura di numerose attività commerciali e industriali, è stato sicuramente il mercato del settore auto. Una vera e propria batosta che ha fatto scendere in picchiata tanto il comparto del nuovo quanto quello dell’usato come mai prima d’ora. A risentirne sono stati naturalmente anche i concessionari e gli autosaloni che con la chiusura hanno avuto una ulteriore mazzata in periodo già di certo non molto florido per tutto il settore automotive. Se, infatti, i mesi di gennaio e febbraio avevano già registrato una leggera inflessione rispetto ai corrispettivi mesi del 2019, è il mese di marzo e molto probabilmente lo sarà anche quello di aprile ad aver avuto il tracollo maggiore con un -85,42% rispetto all’anno prima fatto segnare in Italia dal mercato delle auto nuove. Le immatricolazioni di nuove auto sono infatti scese dal precedente dato di 194.302 a quelle attuali di sole 28.326 auto. Un calo apocalittico che fa seguito a due mesi già non troppo fiorenti (gennaio e febbraio) che avevano fatto registrare già un calo intorno al -35,47% con le immatricolazioni scese da 538.067 a 347.193 unità.

Quasi tutte le Case costruttrici hanno fatto segnare perdite importanti (Opel -92,55%, FCA -90,28%, Volkswagen -84,61% e PSA -89,24%), poche sono riuscite a contenere i danni (Suzuki -57,49%, Subaru -47,59% e Porsche -45,04%) mentre solo Tesla è l’unica a esser cresciuta anche a marzo. Come se non bastasse a dare una ulteriore mazzata quantomeno al morale ci pensano i dati relativi alla vendita di auto usate che sempre in Italia e nello stesso mese di marzo 2020 hanno fatto segnare un crollo di ben il 59,1% con il numero delle radiazioni che ha superato quello delle immatricolazioni. A dare ancora maggiore sconforto sono i numeri dei primi giorni di aprile 2020 che lo classificano già come con ogni probabilità il peggior mese nella storia dell’auto. Le immatricolazioni sono crollate ulteriormente dal -85,4% di marzo a quasi il 100% della prima metà di aprile. Un drastico calo che ha portato il numero di auto vendute giornalmente da 5.000 in periodo pre crisi a 50 in questo periodo di crisi. Periodo nero che naturalmente non ha colpito solamente l’Italia,anche se è quella messa peggio, ma anche gli altri Stati europei, portando l’intera Europa a registrare a marzo un calo di ben il -51,8% rispetto a marzo del 2019. A salvarsi solamente le nazioni del Nord Europa che, avendo sentito meno l’effetto della pandemia, hanno contenuto il calo in un massimo -0,9%.

Per la stessa Unrae, infatti, nei prossimi mesi si potrebbero delineare due diversi scenari: un primo scenario più ottimistico che vede la ripresa della mobilità e delle attività a giugno 2020 con una perdita di circa 600.000 immatricolazioni in un anno rispetto al 2019; un secondo scenario più catastrofico che vede la ripresa solo a settembre e con una perdita di circa 1.000.000 di immatricolazioni in un anno rispetto al 2019, scenario catastrofico che potrebbe portare alla possibile chiusura di un 10-20% delle concessionarie con notevoli ricadute occupazionali. Le aziende sono a secco di liquidità e l'impatto della crisi scatenata dal coronavirus può essere devastante. Perché colpisce una filiera che ha imponenti investimenti ed elevati costi fissi in strutture e personale. E l’Italia, oltretutto, è anche il mercato al momento più colpito. La situazione è drammatica anche nel settore del noleggio e delle flotte aziendali rappresentato da Aniasa. Marzo ha chiuso con un pesante -88%. In questo caso il presidente Massimiliano Archiapatti chiede al governo il ripristino del superammortamento, con allineamento al resto dell'Europa della tassazione sull'auto aziendale e l'estensione dell'ecobonus alle vetture usate più green. Non va meglio nel settore del car sharing dove si è registrato a marzo un blocco quasi totale delle attività di noleggio a breve termine (-90%) fino all’estate presso aeroporti, stazioni e centri cittadini e del car sharing nelle principali città (-60%). Frenano anche gli ordinativi di auto nuove da parte delle imprese clienti del noleggio a lungo termine che preferiscono prolungare i contratti in essere, in attesa di tempi migliori. In crisi nera anche mezzi pesanti: Franco Fenoglio, presidente di Unrae Veicoli Industriali, stima un 2020 con un calo di immatricolazioni tra -30% e -40%.

La forte crisi e i dati estremamente allarmanti del mercato hanno spinto l’intero settore la totale filiera automotive a lanciare l’allarme e l’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri ad avanzare una serie di proposte al governo per far fronte a questa forte crisi che non vedrà numeri positivi nemmeno ad aprile. Proposte condivise anche da Anfia e Federauto e che puntano quindi sia a proteggere l’occupazione sia a stimolare la vendita di automobili una volta che l’emergenza sanitaria sarà terminata. Per esempio andrebbe abbassato il tetto di fatturato di 2 milioni di euro fissato nel decreto Cura Italia per accedere alle agevolazioni; per stimolare le vendite, invece, andrebbero ampliate le fasce degli ecobonus già esistenti, introdotte nuove fasce e protratti gli incentivi anche nel 2021; andrebbe poi favorito l’acquisto da parte di aziende e titolari di partita Iva con l’innalzamento della spesa deducibile e con l’aumento della quota di ammortamento e la totale detraibilità dell’Iva. Situazione nera che potrebbe portare anche a crisi “finita” a un duro periodo di ripresa che potrebbe protrarsi per almeno altri 3 anni. L’intera filiera potrebbe trovarsi a produrre circa un quinto dei veicoli che prima produceva e potrebbe impiegare fino a 3 anni per tornare ai livelli del 2019. A questo si aggiungerebbe un diverso rapporto tra clienti e concessionarie con un forte sviluppo delle vendite online e dei tour delle vetture virtuali tramite computer o smartphone e persino una diversa metodica di consegna della vettura nuova senza contatto tra venditore e acquirente. In tutto questo però potrebbe però trarne vantaggio il mercato dell’usato che, essendo immediatamente disponibili, potrebbero facilmente sopperire la mancanza dei nuovi modelli.